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Sono passati cinque anni dalla pubblicazione di "Cassandra muta. Intellettuali e potere nell'Italia senza verità". È, per molti aspetti, cambiato il mondo. Ma non è venuta meno, nel nostro Paese, l'abdicazione degli intellettuali al loro ruolo di osservatori critici della realtà, indipendenti dal potere.
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E non è cambiato l'atteggiamento del potere nei confronti dei pochi intellettuali coerenti e rigorosi, considerati, come Cassandra, con fastidio e irritazione. Negli ultimi tre anni la pandemia prima e la guerra poi hanno aggravato la situazione, portandola fino al punto di rottura e al rischio di non ritorno. Gli intellettuali e i media sono sempre più portavoce del potere e quelli che non si allineano alla propaganda sono oggetto di ostracismo, di irrisione, di scherno. Proprio nel momento in cui il pensiero critico sarebbe più necessario. Costruire una società critica, una società del dissenso, è la condizione vitale per il futuro della democrazia, soprattutto al tempo della guerra. Ma Cassandra è ancora muta, sempre più muta. Lo evidenzia, in questo aggiornamento dell'analisi, uno dei pochi intellettuali capaci, quando occorre, di dire ostinatamente di no.
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