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Una volta iniziata la lettura di queste pagine non si riesce a smettere e si viene trascinati nel gorgo pauroso del confronto con il nemico, con "l'altro da noi".
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Questa esperienza è capitata a Daniele Mastrogia-como, un inviato di Repubblica catturato dai talebani e trascinato attraverso l'Afghanistan, non in una prigione isolata ma per montagne, villaggi, campi di oppio, in un confronto-scontro continuo e tesissimo tra mentalità e stili di vita e concezioni del mondo lontani anni luce. La forza irresistibile di questo racconto è nella capacità di Mastrogiacomo di andare oltre l'esperienza dell'inviato o del sequestrato - che pure narra da giornalista di razza - per arrivare al nocciolo dell'esperienza umana della paura dell'altro. È l'esperienza del cuore di tenebra delle civiltà diverse, del mondo oscuro e violento che vediamo come nostro nemico, dell'attrazione che comunque esercita su di noi e del desiderio di capire. Daniele racconta come veramente sono andate le cose, attraverso una narrazione tersa che mozza il fiato e che ricostruisce le violenze e le percosse, i dialoghi con i giovani talebani sull'amore e sulla fede, addirittura le partite di calcetto tra una finta esecuzione e una vera, la fine dei suoi compagni di prigionia, la lotta per sopravvivere, le attese, i pianti, i cieli e i paesaggi stupendi dell'Afghanistan. «Un'autenticità rara, anzi rarissima, quasi irraggiungibile. ..» scrive Bernardo Valli nell'introduzione.