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"Maestro del colore" lo ha definito Balthus. Ottavio Missoni più semplicemente si considera un artigiano che ha portato nel cuore e nel mondo le sfumature della sua terra perduta, la Dalmazia. Merito forse di uno spirito indipendente che agli orari rigidi ha sempre preferito la libertà delle esperienze.
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Per questo ha lasciato Zara giovanissimo per diventare un atleta di livello mondiale. Quando la guerra ha interrotto la carriera sportiva, si è ritrovato in Africa e, nella confusione dei combattimenti, si è involontariamente consegnato agli inglesi come "ospite di sua Maestà". Al rientro in Italia, ha vissuto il dramma dell'esilio forzato da Zara e si è reinventato come modello di fotoromanzi a Milano dove, fra giornalisti, scrittori e attori di cabaret, capitava di incontrare nello stesso bar modelle e muratori. È in questo clima operoso e creativo che Ottavio ha conosciuto la moglie Rosita e insieme hanno dato vita a una piccola impresa d'abbigliamento tutta famigliare: lei disegnava i vestiti e preparava pacchi, lui girava con il campionario per convincere i negozianti, affezionati al nero, a comprare i suoi estrosi tessuti. Proprio quelle righe colorate, nate anche dai limiti delle prime macchine, sono diventate un marchio inconfondibile: dal primo attivo di una lira alla vetrina alla Rinascente nel 1958, dalla sfilata a palazzo Pitti che ha casualmente inaugurato il nude-look alle copertine di "Vogue", il marchio Missoni è oggi un sinonimo di stile, eleganza e fantasia.