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Guai a fidarsi degli uomini che al ristorante ordinano per le rispettive compagne senza averle prima interrogate sulle aspettative culinarie. Una scorsa veloce del menù è un lusso che non andrebbe mai negato ad alcuna donna.
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Purtroppo a Jeanie questo lusso, anzi questo diritto, fu a suo tempo negato da quel tirannico sopraffattore dalle tendenze misogine noto anche con il nome di Glen Taylor, il defunto marito. In quel gesto era raccolta in nuce la vocazione alla prepotenza, o quantomeno un segno di una incipiente psicopatia. Ad avviso di Jeanie, sia chiaro. Glen infatti, al netto della scarsa considerazione dei gusti della moglie, secondo la sua versione era soprattutto un mostro avvezzo al rapimento di bambine, o almeno così sospetta anche la polizia. I presunti indizi sull’ignobile condotta dell’uomo tuttavia non si sono mai tradotti in prove schiaccianti. La morte di Glen, avvenuta per un banale incidente automobilistico - un evento totalmente slegato dalle indagini? - ha vanificato la possibilità di avere la sua versione dei fatti ma soprattutto ha sottratto alla polizia l’unico indagato. Ora, invece del processo, è più importante placare la fame di gossip della massa, già avvinta dalla storia dell’ingenua parrucchiera dei suburbs fatalmente abbagliata e ingannata a 17 anni da un uomo poi rivelatosi un mostro. Della presunzione d’innocenza i giornali non sanno cosa farsene, quel fino a prova contraria, con cui ci mangiano da una vita gli autori delle crime story televisive, ha stufato. Dalle vittime si è spremuta ogni lacrima e il pubblico, si sa, è implacabilmente affetto da deficit di attenzione e urge sollecitarlo con dosi massicce di gore. La stampa ha quindi un disperato bisogno di una nuova prospettiva sul delitto. Quale migliore occasione di un’intervista alla moglie del carnefice? Stranamente Jeanie non oppone resistenza al battage mediatico che non vede l’ora di investirla, anzi lo favorisce, offrendosi lei stessa di rilasciare l’intervista con cui promette di raccontare la definitiva versione dei fatti. Forse ha bisogno di urlare la propria innocenza, per poter convincere il pubblico, e magari se stessa, che una donna può convivere con un killer senza essere sua complice. Qualcosa tuttavia non quadra nella vita di Jeanie. Non sembra quella donna passiva, innocua e sottomessa che si sforza di sembrare. Più ci si addentra nell’intervista e più ci si accorge che nasconde qualcosa. In fondo quegli indizi su Glen non sono poi così probatori e del presunto killer emerge invece un’immagine meno mostruosa di quanto ci si aspettava. Troppe contraddizioni colpiscono Kate Walter, la giornalista che aveva accolto come manna scesa dal cielo l’esclusiva. Che questa messinscena sia parte di un piano? Che Jeanie stia usando i media per costruirsi degli alibi? Che la colpa di Glen fosse soltanto la spavalderia al ristorante?
Il debutto di Fiona Barton, giornalista per il Daily Mail, è un thriller originale e divertente, un best seller assicurato che si inserisce nel filone “donne insospettabilmente cattive”. L’autrice, nonostante sia solo al primo libro, sa già dosare al meglio la tensione, spiazzando continuamente il lettore con trovate inimmaginabili e trovando pure il tempo di prendersi in giro. Parte infatti come un’inchiesta da tabloid scandalistico, di cui prende in prestito talvolta forme e linguaggio, indugiando anche nel trash, e presto muta genere trasformandosi in un poliziesco, in cui l’intervista diventa un emozionante terzo grado condotto da una giornalista che è l’alter ego dell’autrice. L’abuso di colpi di scena, false piste e altri topoi del genere è ricercato consciamente ed è funzionale a creare un clima surreale, pensato per ironizzare sullo schizofrenico mondo dei rotocalchi scandalistici. Ricorda in qualche punto “Gone Girl” di Gillian Flynn, reso celebre dalla trasposizione cinematografica di David Fincher, ma anche questa suggestione è pensata per ingannare il lettore.