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Come raccontare un secolo intero, rivoluzioni sociali e artistiche, due guerre mondiali, cadute e rinascite di un continente attraverso le vite di individui del tutto marginali agli eventi? Incarnando la storia nell'oggetto più insignificante, una pietra estratta dalle viscere della terra e perciò in grado di "conoscere", meglio di chiunque, il cammino dell'umanità.
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Nel 1907 il geologo Josef Siedler, affascinato dalle teorie su un misterioso popolo da cui avrebbe avuto origine la nostra civiltà, compie un viaggio tra cunicoli e caverne alla ricerca delle tracce della sua esistenza. Quando s'imbatte in una roccia che emette strani suoni, echi di una lingua che gli esseri umani non sanno più riconoscere, è convinto di aver trovato il confine di quel mondo e ne stacca un frammento che porta con sé in superficie. Le vicende di quella scheggia di un mondo perduto - la pietra, ereditata da un nipote di Josef e smarrita durante la seconda guerra mondiale, negli anni Sessanta viene dichiarata opera d'arte e chiusa in un museo - sono una metafora dell'Europa del ventesimo secolo, l'arco di tempo in cui la pietra continua a vibrare e a "parlare".